📘 Kaeru di Matteo Lorenzi – Recensione

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Dove finisce la realtà e dove inizia l’illusione? È questa la domanda che accompagna il lettore lungo le pagine di Kaeru, un romanzo sorprendente, audace, profondo. Matteo Lorenzi costruisce un labirinto narrativo dove l’identità vacilla, la memoria è un campo minato e la realtà… be’, è forse solo una scelta comoda.


🌫️ Un protagonista smarrito

Il romanzo si apre in modo apparentemente ordinario: Marcello Spatonzi, uomo grigio e metodico, vive una routine rassicurante in una cittadina termale. Ma un giorno, tornando a casa, tutto cambia. Ogni dettaglio sembra alterato, e nessuno lo riconosce. Peggio: lo chiamano con un altro nome. Così inizia il suo viaggio nel paradosso.

Marcello, o Denny Di Venuto — nome con cui ora viene identificato — si ritrova immerso in una nuova vita, tra affetti sconosciuti, tracce di un passato mai vissuto e la sensazione disturbante di essere parte di qualcosa più grande. Lorenzi ci mette dentro la mente di un uomo che lentamente scopre di non essere mai stato se stesso. O peggio: di non sapere cosa voglia dire esserlo davvero.


🧠 Un esperimento filosofico

Uno degli aspetti più affascinanti del romanzo è la progressiva rivelazione di ciò che si cela dietro la trasformazione del protagonista: un esperimento sociale, orchestrato da una figura enigmatica di nome Ōshima. L’obiettivo? Capire fino a che punto un uomo medio, “inutile” secondo certi parametri, può essere “riprogrammato” per diventare qualcun altro.

Lorenzi non si limita a raccontare una storia di manipolazione: porta il lettore a interrogarsi sulla libertà, sull’identità e sul libero arbitrio. In un’epoca in cui algoritmi, bolle informative e realtà personalizzate decidono per noi, Kaeru diventa una metafora cruda ma lucidissima del nostro presente.

🪞 Cos’è reale?

Il cuore del romanzo pulsa attorno a una sola domanda: cos’è reale?
Marcello/Denny si trova intrappolato tra due mondi. Uno gli è familiare ma monotono, l’altro è vibrante ma artificiale. Non esistono più certezze: la memoria può essere costruita, l’identità imposta, le emozioni simulate. Eppure, Lorenzi non giudica. Non dice mai cosa sia meglio: la confortante finzione o l’incerta verità. Lascia che sia il lettore, come Marcello, a decidere.

In questo senso, Kaeru riecheggia i grandi classici della narrativa filosofica e distopica, da Philip K. Dick a Christopher Nolan (pensa a Inception), passando per Kafka, ma con una voce originale e profondamente italiana, tanto nell’ironia quanto nel dramma.


🖋️ Stile e struttura

La scrittura di Lorenzi è elegante, ma mai compiaciuta. Il tono oscilla tra il tragico e il grottesco, con momenti di autentico spaesamento psicologico. Le descrizioni sono puntuali, i dialoghi taglienti, e la struttura del romanzo — con i continui cambi di prospettiva e realtà — mantiene il lettore sempre un passo indietro rispetto alla verità.

Non mancano i riferimenti culturali, filosofici, persino religiosi (dal mito della caverna di Platone al buddhismo zen, fino al mondo Yakuza): ma tutto viene dosato con intelligenza, senza mai risultare pesante o didascalico.


🎭 Una scelta: la libertà o la pace?

Il finale — potente, spiazzante, in linea con il tono del romanzo — ci mette davanti all’ultimo dilemma: è meglio vivere in una realtà finta ma perfetta, o accettare la verità, per quanto caotica e dolorosa sia?

Marcello, come tanti di noi, si trova davanti a una verità scomoda: forse non vogliamo davvero sapere chi siamo, né cosa sia reale. Forse vogliamo solo un ruolo da interpretare, un copione che ci dia conforto.


🔍 Realtà o illusione? Quando i confini si sfaldano

Leggendo Kaeru di Luca Tarenzi, non ho potuto fare a meno di pensare a La cattedrale di sabbia di Leonardo Patrignani. Due romanzi molto diversi per stile e ambientazione, ma legati da un filo comune: il dubbio profondo su cosa sia reale.

In Kaeru, la realtà si trasforma in qualcosa di fluido, dove spiriti e creature mitologiche giapponesi si muovono tra le strade di una Milano che accetta l’impossibile con una naturalezza inquietante. Il reale si definisce in base a chi guarda: ciò che per alcuni è invisibile, per altri è tangibile. È una realtà filtrata, personale, quasi spirituale.

In La cattedrale di sabbia, invece, ogni certezza si dissolve. Un uomo senza memoria si risveglia su un’isola che sembra fuori dal tempo, in un contesto che potrebbe essere sogno, aldilà o illusione mentale. Patrignani spinge il lettore in un viaggio introspettivo dove la realtà non è più un fondamento, ma un’ipotesi da mettere in discussione.

Due romanzi che affrontano la stessa domanda da angolazioni opposte: è reale ciò che vediamo, o ciò che crediamo di vedere?

⭐️⭐️⭐️⭐️⭐️

Kaeru è uno dei romanzi italiani più originali degli ultimi anni. Una favola distopica sull’identità, un thriller dell’anima, un incubo gentile che ci obbliga a svegliarci. E poi a scegliere.

㊗️🈵Kaeru

La parola “Kaeru” in giapponese ha un doppio significato molto interessante: può voler dire sia “rana” sia “ritornare” o “tornare a casa”. Questo gioco di significati è centrale nel romanzo di Luca Tarenzi.

Nel libro, il protagonista è una creatura leggendaria ispirata proprio alla rana — simbolo ricorrente nella mitologia e nel folklore giapponese — che incarna un legame profondo con la trasformazione e il ciclo della vita. Allo stesso tempo, Kaeru richiama anche l’idea del ritorno, del viaggio verso qualcosa di originario, di casa, di sé stessi.

Questo doppio senso riflette la trama e i temi del romanzo: la ricerca di identità, la tensione tra il mondo terreno e quello spirituale, il desiderio di ritrovare un equilibrio o una “casa” interiore. Kaeru, dunque, non è solo un nome, ma un simbolo che unisce forma e significato, mito e introspezione.

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