- Titolo originale: Liebes Kind
- Autrice: Romy Hausmann
- Traduzione italiana: Alida Daniele
- Editore (italiano): Giunti
- Genere: Thriller psicologico, narrativa contemporanea tedesca

Trama (senza spoiler pesanti)
Il romanzo si apre con un incidente: una donna investita da un’auto in un bosco viene trasportata in ospedale, priva di coscienza e documenti. Con lei c’è una bambina, Hannah, con pelle chiara e occhi azzurri, che afferma che la madre si chiama Lena. La bambina non conosce indirizzo di casa, cognome o padre, e dice di vivere in una capanna isolata perché “nessuno li deve trovare”.
Ben presto viene avanzata l’ipotesi che la donna sia Lena Beck, sparita da 14 anni. Ma, come spesso accade nei thriller ben costruiti, nulla è come sembra: il racconto si sviluppa tramite più punti di vista (fra cui Hannah, Lena stessa, Jasmin, e il padre Matthias), alternando presente, passato e flashback, e costantemente instillando dubbi sulla veridicità dei ricordi, delle percezioni e delle identità.
Personaggi principali
Personaggio Ruolo / Caratteristiche Conflitti interiori / misteri legati
Lena Beck Ragazza scomparsa da 14 anni; la sua identità è centrale al mistero. È incerta la verità su “Lena”; emerge che ci sono più donne che potrebbero essere lei (o credersi essa). L’assenza prolungata, i ricordi sfumati, il trauma.
Jasmin Una donna che somiglia fortemente a Lena, con un passato oscuro e prigionia. Cosa ha vissuto nella capanna? Cos’è successo “prima”? Quanto è manipolata la sua identità?
Hannah Bambina (13 anni) cresciuta in isolamento, molto educata (linguaggio, maniere), ma con comportamenti inquietanti. La sua versione della verità è disturbante e ambigua; che ruolo ha nella costruzione del racconto? È vittima, complice, narratrice affidabile?
Jonathan Il fratello, più piccolo; figura silenziosa, ma parte integrante dell’ambiente di prigionia.
Matthias Il padre di Lena; la sparizione della figlia lo ha segnato, ed è determinato a scoprire la verità.
Temi e motivi ricorrenti
- Identità e memoria
Il libro gioca costantemente con l’idea che ricordare non equivale a conoscere. I ricordi sono ambigui, distorti, influenzati dal trauma ma anche dall’inganno. Chi è “Lena” veramente? Le persone possono cambiare fino al punto da non riconoscersi più? - Prigionia fisica e psicologica
La capanna/nascondiglio diventa simbolo di isolamento: isolamento fisico, ma anche mentale. Hannah e il fratello vivono sotto regole ferree, controllo totale dell’ambiente, routine imposta dall’esterno, violenza fisica e psicologica invisibile ma potente. - Trauma, colpa e responsabilità
Tutti i personaggi portano ferite: Lena/Jasmin per quello che ha subito; Hannah per quello che ha vissuto; Matthias per la perdita; anche il “carnefice” è, sotto certe luci, una vittima del suo stesso delirio. C’è anche il tema del senso di colpa: ciò che si è fatto, ciò che si è saputo tardi, ciò che non si è fatto. - Genere, potere e controllo
Violenza sulle donne, abuso di potere familiare, relazioni dove uno impone regole, identità, convinzioni. Il romanzo esplora come il controllo possa essere instaurato non solo con la coercizione fisica ma con la manipolazione mentale, la segregazione, la dipendenza emotiva. - Verità relativa e soggettiva
Il narratore/informazione non è monolitico; la storia si costruisce da prospettive diverse, spesso contraddittorie. Ciò che la bambina racconta può sembrare assurdo, ma ha senso in un mondo plasmato dal torturatore; ciò che ricorda Lena può essere un’incertezza. Il lettore viene messo costantemente di fronte al dubbio: chi sta dicendo la verità?
Struttura narrativa e stile
Punti di vista multipli: Hannah, Jasmin/Lena, Matthias, a volte altri. Ciò permette di vedere la storia da diverse angolazioni, generando tensione e incertezza.
Flashback / ricordi / tempo non lineare: eventi passati che emergono gradualmente, ricordi che cambiano forma, omissioni che diventano cruciali.
Atmosfera tesa, claustrofobica: la descrizione dell’ambiente della capanna, delle regole rigide, del controllo costante crea un senso di oppressione. Il lettore si sente in trappola con i personaggi.
Colpi di scena ben dosati / ambiguità: il mistero sull’identità di Lena/Jasmin, la veridicità delle dichiarazioni di Hannah, ricordi oscuri. Il finale riserva sorprese che costringono a ripensare a ciò che si è letto.
Forza e debolezze
Punti di forza Punti critici / limiti
→ Coinvolgimento emotivo: il lettore rimane empatico sia con le vittime che con i torturatori; si prova angoscia, rabbia, compassione. → A volte l’ambiguità può essere frustrante: chi cerca certezze potrebbe restare con troppe domande.
→ Narrazione fluida e ritmo: non ci sono pause superflue, la tensione è mantenuta altissima. → Alcuni passaggi possono sembrare un po’ ripetitivi nella descrizione della prigionia o del regime di controllo.
→ Personaggi complessi e ben caratterizzati: anche Jasmin, anche il padre Matthias, non sono solo “buoni” o “cattivi”, ma contengono zone d’ombra. → Alcune reazioni o comportamenti infantili (nel personaggio di Hannah) possono sembrare stereotipati o difficili da creder autentici per tutti i lettori.
Significato più profondo: cosa ci lascia
La mia prediletta non è solo un “giallo”: è una riflessione su quanto fragile sia la distinzione tra libertà e prigionia, tra identità e maschera.
Mostra come il male possa costruirsi non solo con violenza fisica ma con la negazione quotidiana, il controllo totale, la riformulazione dell’essere umano.
Interroga il lettore: se qualcuno costruisse per te la realtà, quanto potresti fidarti dei tuoi sensi? Se qualcuno ridefinisse il tuo mondo, quanto resteresti “te stesso”?
È anche una storia di resilienza, di volontà di verità, di umanità che sopravvive dentro l’orrore.
Confronto con la serie Netflix
Dato che molti lettori avranno visto o visto la serie omonima, vale la pena accennare alle differenze principali:
La serie è molto fedele al romanzo nella trama principale: fuga, isolamento, identità ambigua, segreti del passato.
Alcune differenze sono nell’adattamento visivo: certe parti interiori (pensieri, ricordi, sensazioni) vengono esternalizzate, modificate o condensate per ragioni di ritmo.
La serie enfatizza maggiormente alcuni aspetti visivi e atmosferici (l’isolamento, la percezione dell’ambiente come minaccioso) che sul libro sono più impliciti o interiorizzati.
Target ideale: a chi consiglio questo libro
A chi ama thriller psicologici veri, non solo colpi di scena superficiali
A chi non teme il tema del trauma, della violenza psicologica, dell’identità perturbata
A chi apprezza narrazioni con più punti di vista, con ritmi alternati (futuro/presente passato)
A chi non ha bisogno sempre di una chiusura netta, ma è disposto a convivere con qualche domanda aperta
Conclusione
La mia prediletta è uno di quei libri che restano con te anche dopo aver chiuso l’ultima pagina. Non tanto per la sorpresa finale, ma per il modo in cui ti costringe a guardare dentro le ombre: le ombre della mente, della memoria, dell’amore e della paura. È un thriller che non solo intrattiene, ma interroga, turba e, per fortuna, lascia spazio anche alla speranza.

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